
In dialetto longobucchese “U mmitu” significa “L’invito”. U ‘Mmitu e San Giuseppe!
La tradizione storica, attribuisce le sue origini all’iniziativa dei Signori medievali nell’offrire ai propri sudditi, una volta all’anno durante la Festa di San Giuseppe, un pasto caldo, nutriente, povero ma gustoso…pasta e ceci appunto. tradizione popolare dei nostri avi che alla vigilia della festa di San Giuseppe, avevano l’usanza di distribuire ai vicini di casa i piatti tipici di questa festività“U mmitu”. Un gusto dal sapore retrò, povero ma gustosissimo.“U mmitu” ha dunque origini antichissime e continua a tramandarsi ancora oggi di generazione in generazione. In dialetto longobucchese “U mmitu” significa “L’invito”, infatti si soleva e si suole ancora oggi preparare la pietanza in grandi “cuarare”, pentoloni, disposte nelle varie “Rughe”, rioni, del borgo e nelle campagne, e veniva distribuito a chiunque ne desiderasse un pò, il quale portava dietro con sé il pentolino dalla propria casa. Le nostre donne che lo cucinavano come ancora oggi si fa per devozione a San Giuseppe. Oggi le “cuarare” non sono più quelle di una volta, sono diventate più piccole, però la tradizione di donarlo è rimasta, indipendentemente dalla condizione sociale di ricco o di povero, c’è chi lo dona ai “rugari”, i vicini, o chi semplicemente lo distribuisce ai membri della propria famiglia. “Zia Maria” come tante altre donne di Longobucco di buona lena si trova alle prese con la favolosa e devotissima preparazione de “ u mmitu” in onore di San Giuseppe, con la preghiera rivolta al Santo affinchè riguardasse la salute di tutte le persone. La preparazione che richiede molta passione e semplicità di esecuzione include di tirare una sfoglia sottile con un matterello. A questo punto, lasciare asciugare la sfoglia per qualche minuto: una volta asciutta, arrotolando la sfoglia su se stessa e tagliarla a fettine. Precedentemente pronto un sugo ad hoc fatto di fagioli, ceci, e tutti gli aromi necessari, baccalà compreso, per rendere prelibato il piatto.